Tuo nipote dice non ci riesco prima ancora di provare: quello che fai nei prossimi 5 minuti può cambiare tutto

Quando un nonno osserva i propri nipoti bloccarsi prima di tentare un puzzle, rinunciare a colorare perché “tanto verrà brutto” o esitare davanti a ogni piccola scelta quotidiana, il cuore si stringe. Questa fragilità emotiva nei bambini rappresenta una delle sfide educative più delicate del nostro tempo, dove la paura del fallimento sembra installarsi sempre più precocemente nelle giovani menti. I nonni, con la loro posizione privilegiata nel sistema familiare, possono diventare alleati preziosi nel costruire solide fondamenta di autostima infantile.

Le radici invisibili della scarsa autostima infantile

Prima di intervenire, occorre comprendere che la mancanza di fiducia nei bambini raramente nasce dal nulla. Gli studi di psicologia dello sviluppo evidenziano come l’autopercezione infantile si costruisca attraverso il riflesso dello sguardo degli adulti significativi. La teoria dell’attaccamento di John Bowlby ha dimostrato quanto sia fondamentale il modo in cui i bambini vengono percepiti dalle figure di riferimento per la costruzione della loro identità. Quando un bambino si sminuisce continuamente, sta spesso ripetendo messaggi assorbiti dal suo ambiente, anche involontariamente trasmessi.

Il perfezionismo genitoriale contemporaneo, la sovraesposizione ai social media che mostra solo risultati eccellenti, e paradossalmente l’iperprotezione, contribuiscono a creare piccole persone terrorizzate dall’errore. I bambini percepiscono le aspettative degli adulti con un’antenna sensibilissima, interpretando ogni correzione come conferma della propria inadeguatezza. La ricerca ha documentato come l’uso eccessivo di schermi sia associato a riduzione della concentrazione e problemi emotivi nei più piccoli.

Il vantaggio strategico dei nonni

I nonni occupano uno spazio educativo unico: sufficientemente coinvolti per essere influenti, sufficientemente distaccati dalle pressioni quotidiane per offrire una prospettiva diversa. Non devono gestire i compiti, le corse contro il tempo o le ansie prestazionali che inevitabilmente attraversano la genitorialità moderna. Questo permette loro di concentrarsi sulla relazione pura, sullo sguardo incondizionato che comunica: “Tu vali indipendentemente da quello che fai”.

Ricerche recenti hanno rilevato che i bambini trascorrono mediamente diverse ore al giorno con i nonni, tempo durante il quale si creano opportunità relazionali diverse da quelle genitoriali, spesso attraverso attività condivise che rafforzano il legame affettivo e costruiscono fiducia in se stessi.

Trasformare il tempo insieme in palestra emotiva

La ricerca neuroscientifica ha dimostrato che l’autostima si costruisce attraverso esperienze ripetute di padronanza progressiva. Carol Dweck, con la sua teoria del mindset di crescita, ha evidenziato come la mente possa sviluppare resilienza attraverso sfide graduate e gestibili. I nonni possono creare intenzionalmente situazioni a basso rischio emotivo dove sperimentare senza timore.

Proporre attività con esito incerto ma conseguenze irrilevanti funziona benissimo: impastare il pane può riuscire benissimo o malissimo, ma in entrambi i casi si mangia e ci si diverte. Condividere i propri errori passati e presenti con leggerezza trasmette un messaggio potente: “Sai che oggi il nonno ha sbagliato strada? Mi sono perso come quando avevo la tua età”. Creare un “museo degli errori celebri” dove raccogliere storie divertenti di sbagli che hanno portato a scoperte importanti può trasformare il fallimento in qualcosa di interessante. Evitare elogi generici come “Bravissimo!” preferendo osservazioni specifiche come “Ho notato che hai provato tre modi diversi prima di trovare la soluzione” insegna ai bambini a valorizzare il processo, non solo il risultato.

Il linguaggio che costruisce o distrugge

Le parole dei nonni hanno un peso specifico enorme. Frasi apparentemente innocue possono rinforzare le convinzioni negative del bambino. Dire “Non preoccuparti se sbagli” paradossalmente conferma che sbagliare sia qualcosa di cui preoccuparsi. Meglio normalizzare: “Proviamo, poi vediamo cosa succede”. Questo tipo di linguaggio toglie pressione e apre possibilità.

La linguista Deborah Tannen ha sottolineato come il linguaggio costruisca letteralmente la realtà relazionale. Sostituire il “sei” con il “ti comporti” fa una differenza sostanziale: non “sei timido” ma “oggi ti senti un po’ trattenuto”. Il primo definisce un’identità fissa e immutabile, il secondo descrive uno stato temporaneo modificabile. Questa distinzione permette ai bambini di non sentirsi intrappolati in etichette limitanti.

Domande che aprono invece di chiudere

Di fronte a un nipote che si blocca dicendo “non ci riesco”, molti nonni rispondono rassicurando: “Certo che ci riesci!”. Questa negazione dell’emozione reale può essere controproducente. Approcci più efficaci includono domande che validano la difficoltà percepita mentre orientano verso soluzioni: “Cosa ti fa pensare che non ci riuscirai?”, “Quale parte ti sembra più difficile?”, “Come potremmo renderlo più facile all’inizio?”, “Ti va di provare insieme?”. Queste domande insegnano implicitamente che le sfide si affrontano scomponendole, non evitandole.

Coordinamento discreto con i genitori

L’intervento dei nonni risulta più efficace quando si integra armoniosamente nell’approccio educativo familiare. Una conversazione delicata con i genitori può rivelare dinamiche importanti: forse il bambino è sottoposto a pressioni eccessive in ambito scolastico, o paragoni con fratelli più disinvolti, o ha vissuto un’esperienza di fallimento particolarmente marcante. La coerenza educativa tra generazioni richiede dialogo per evitare confusione nei messaggi trasmessi ai più piccoli.

I nonni possono offrirsi come “zona franca” dove la performance non conta, complementare agli altri ambienti di vita del bambino. Gli studi sulla resilienza di Emmy Werner hanno dimostrato che avere almeno un adulto di riferimento che offre accettazione incondizionata rappresenta un fattore protettivo potentissimo per lo sviluppo psicologico infantile.

Quando tuo nipote dice non ci riesco tu cosa rispondi?
Certo che ci riesci
Quale parte è più difficile
Non preoccuparti se sbagli
Proviamo insieme e vediamo
Lo faccio io al posto tuo

Oltre le parole: il modellamento

I bambini imparano più da ciò che vedono che da ciò che sentono. Un nonno che affronta serenamente i propri piccoli fallimenti quotidiani trasmette un insegnamento potentissimo. Ridere quando la torta si affloscia, riprovare quando il nodo della cravatta viene storto, chiedere aiuto quando non si capisce come funziona il telecomando: questi gesti comunicano che l’imperfezione è la norma umana, non l’eccezione vergognosa.

Le attività offline strutturate con i nonni favoriscono benessere e concentrazione, contrastando gli effetti negativi dell’eccessiva esposizione agli schermi. Questa testimonianza silenziosa vale più di cento discorsi motivazionali. I bambini che vedono adulti sereni nella propria fallibilità interiorizzano il permesso di essere umani anche loro.

La relazione tra nonni e nipoti può diventare lo spazio privilegiato dove un bambino sperimenta finalmente di essere abbastanza, semplicemente per quello che è. In questo rifugio emotivo, lontano dalle performance e dai confronti, molti piccoli ritrovano il coraggio di tentare, sbagliare, e soprattutto di giocare con quella leggerezza che dovrebbe caratterizzare ogni infanzia.

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